Era l'anno 2000. Lui era ancora solo un cardinale. E, da cardinale, trovava repellente l'idea che "le Chiese cristiane possano essere considerate su un piede di parità".
Ce l'aveva con gli ortodossi, colpevoli perché "non riconoscono il primato del papa" (dico, scherziamo?). Ce l'aveva coi protestanti perché "non hanno conservato l'episcopato valido e la genuina e integra sostanza del mistero eucaristico" (imperdonabile!).
Insomma, ce l'aveva con tutto quel variegato insieme di correnti cristiane colpevoli - guai a loro! - di vederla diversamente e interpretare come gli pare alcuni dettami biblici.
Roba grossa. Roba da scomunica. Roba da pecorelle che è bene che rientrino alla svelta nei ranghi, nel famoso "ovile". Perché l'unica, la vera, la depositaria universale della verità e dei mezzi per ottenere la salvezza è lei: la religione cattolica. Questo è quello che strillava Ratzinger, da cardinale, una dozzina d'anni fa. Lo stesso Ratzinger che oggi, da papa, va in Libano e s'incazza coi fondamentalismi religiosi.
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