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martedì 4 ottobre 2011

E' la giustizia, bellezza...

E così Amanda e Raffaele sono stati assolti con formula piena, nella sentenza d'appello, dall'accusa di aver ucciso Meredith. Naturalmente, due tra i più prestigiosi e autorevoli quotidiani di casa nostra, Libero e Giornale, hanno immediatamente preso la palla al balzo. D'altronde era impensabile che si lasciassero scappare un'occasione così ghiotta, visto che gli odiati pm, qui, hanno perso su tutta la linea.

"Figuraccia in mondovisione per la giustizia", titola infatti Libero stamattina. "Da condannare sono i pm", gli fa eco il Giornale.

Premetto che non ho seguito la vicenda perché mi ha sempre suscitato scarso interesse, e quindi non do giudizi nel merito, anche perché per farlo occorrerebbe aspettare le motivazioni della sentenza e non limitarsi alla lettura del semplice dispositivo. Ma quello che mi premeva mettere in evidenza è la faciloneria (a parte quella fisiologica e interessata di Sallusti e Belpietro) con cui si giudica l'operato della magistratura.

Gran parte della gente che si trovava in piazza a Perugia ad assistere davanti al maxischermo alla lettura della sentenza, ha subito intonato cori gridando "vergogna!", che è anche, probabilmente, la reazione istintiva di gran parte dell'opinione pubblica che ha seguito la vicenda.

Reazione che però non tiene conto di alcuni fattori. Il primo è che questa non è una sentenza definitiva: manca ancora l'ultimo grado, la Cassazione (la procura di Perugia ha già annunciato il ricorso). Il secondo è che il processo penale funziona così. Può piacere o non piacere, ma non è la prima volta, e sicuramente non sarà l'ultima, che una sentenza d'appello ribalta quella di primo grado, in un senso o nell'altro. Se si pensa che nel nostro paese si celebrano ogni anni più di tre milioni di processi penali, è facile e immediato arrivare alla conclusione che casi come quello della Knox e Sollecito non sono mosche bianche.

Certo, farsi 4 anni di galera per poi scoprire di essere innocenti non è una cosa semplice da digerire, non lo sarebbe per nessuno. E se c'è una sconfitta per la giustizia italiana è proprio questa, come spiega Carlo Federico Grosso stamattina su La Stampa. Ma, dall'altra parte, i tre gradi di giudizio cui ha diritto ogni imputato servono proprio a garantire la possibilità di un ripensamento nei gradi successivi e ad offrire quindi le più ampie garanzie di un processo equo e giusto a tutti.

Ecco perché, prima di urlare "vergogna!", forse sarebbe il caso di fare un supplemento di riflessione, magari informarsi un po', in modo da poter valutare il tutto con maggiore cognizione di causa. Se non altro per evitare di scendere ai livelli di Libero e Giornale.

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