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sabato 14 agosto 2010

I conflitti di interesse di Verdini

Mentre le cronache, e un po' anche io per la verità, si trastullano con la mezza bufala della casa di Fini a Montecarlo, la Banca d'Italia pubblica un documento, firmato da Mario Draghi, in cui si contesta a Denis Verdini un conflitto di interessi per un valore di circa 60 milioni di euro (curioso come secondo il Corriere si tratti di un "attacco" di Bankitalia nei confronti di Verdini. Vabbè...).

Denis Verdini (foto), così, giusto come promemoria, è l'ex presidente e fondatore del Credito Cooperativo Fiorentino ed è attualmente sotto indagine per corruzione nell'ambito della maxi inchiesta su G8 e grandi appalti. E' uno dei tre coordinatori nazionali del Pdl, e nella primavera scorsa balzò agli onori della cronaca per il suo famoso "Siamo un milione!", in riferimento al numero di partecipanti alla famosa manifestazione del Pdl a piazza San Giovanni - la questura accerterà invece che 100.000 presenze era già una cifra generosa.

Scrive il Corriere:

Gli analisti della banca centrale hanno esaminato conti e depositi dell'istituto di credito toscano dal 25 febbraio al 21 maggio scorsi, evidenziando nella relazione finale «gravi carenze» degli organi aziendali, con «totale accentramento dei poteri» sulla figura dell'allora presidente Denis Verdini (coordinatore nazionale del Pdl) ed «estesi profili» di potenziale «conflitto di interessi» dello stesso Verdini con quelli della banca, per affidamenti pari a 60,5 milioni di euro.
[...]
Gli ispettori della Banca d'Italia hanno verificato, durante gli accertamenti, l'esistenza di un esecutivo della banca «scarsamente autorevole» e di un collegio sindacale «privo di sufficiente indipendenza». Il governo societario è risultato «totalmente accentrato» nelle mani del presidente Denis Verdini (che era in carica dal 1990), «principale fautore della politica di espansione creditizia verso clientela di grandi dimensioni, fra cui rientrano anche iniziative riconducibili al suo gruppo familiare», in contrasto con le indicazioni che in passato erano venute dall'istituto di Vigilanza e con le stesse «linee strategiche elaborate per il triennio 2008-2010, che prevedevano la diversificazione del portafoglio crediti a favore delle famiglie e delle piccole e medie imprese».

Insomma, secondo il rapporto degli ispettori mandati da Draghi, la banca del Verdini concedeva allegramente finanziamenti ad amici dello stesso, applicava le norme antiriciclaggio a seconda delle previsioni del tempo e il consiglio di amministrazione e controllo in pratica era lì solo per bellezza.

Naturalmente, per mandare a casa questo signore Feltri non si metterà certo a raccogliere le firme dal suo Giornale, coma ha fatto con Fini.

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