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giovedì 12 agosto 2010

Ciancimino e tutto il resto: arriveremo un giorno a capire realmente come stanno le cose?

Nei giorni scorsi, il figlio di appena 5 anni di Massimo Ciancimino (foto), attualmente teste al processo al generale dei Carabinieri Mario Mori, ha ricevuto una busta contenente un proiettile di Kalashnikov con allegato un messaggio. "Le colpe dei padri infami e traditori ricadranno sui figli. Lei e i suoi complici siete stati avvisati da troppo tempo. Lei e i suoi amici magistrati sarete la causa di tutto", recitava il messaggio.

Nel febbraio scorso, sempre nell'ambito dello stesso processo, Ciancimino aveva dichiarato, tra le altre cose, ai magistrati, che la nascita di Forza Italia era il frutto della trattativa stato-mafia. Naturalmente le reazioni di quelli del Pdl non si sono fatte attendere. Alfano, ad esempio, si è precipitato a dire che le dichiarazioni del testimone avevano lo scopo di colpire il governo, mentre Dell'Utri disse che dietro c'era lo zampino dei pm di Palermo.

L'Occidentale se ne uscì qualche tempo dopo con una intervista ("Le dichiarazioni di Ciancimino Jr. su Forza Italia sono la fine del pentitismo") al giornalista Lino Jannuzzi, il quale tra le altre cose dichiarò:

Siamo ormai al tramonto se non alla fine del pentitismo. L'abrnormità delle dichiarazioni del figlio di Ciancimino che da un anno dice balle si commentano da sole, ma aggiungo che stavolta certi pm hanno esagerato.

Ora, io non tiro certo conclusioni, ma, come qualunque persona che è in grado di fare 2 più 2, mi pongo una domanda molto semplice: se, come affermano Alfano e soci vari, Ciancimino racconta solo balle, perché la mafia gli ha mandato un avvertimento intimandogli di tacere? Io non sono un esperto, ma la mafia non mi sembra sia il tipo di organizzazione criminale che perde tempo a intimidire chi racconta frottole.

Ieri mattina, come se non bastasse, un articolo del Corriere della Sera a firma Felice Cavallaro, rimetteva ancora una volta il dito nella piaga. Scriveva Cavallaro:

Dopo le minacce al figlio di cinque anni dice di non volere più parlare, Massimo Ciancimino. Ma lo ha fatto negli ultimi giorni. Come la madre Epifania Scardino, per la prima volta loquace con i magistrati di Palermo ai quali ha confermato il contenuto di un «pizzino» indirizzato nel 2001 dal marito, «don Vito», a Bernardo Provenzano chiamato «Caro Rag.» e con riferimenti espliciti a Silvio Berlusconi.

Un invito a distribuire i cento milioni di lire incassati da una trattativa che coincide con le elezioni del 2001. Il testo è top secret, ma chi lo ha letto così sintetizza evocando conteggi in vecchie lire: «Dei 100 milioni ricevuti da Berlusconi, 75 a Benedetto Spera e 25 a mio figlio Massimo».

Io penso che una situazione di questo genere, in qualsiasi altro paese avrebbe provocato nella migliore delle ipotesi le dimissioni immediate del capo del governo, in quella peggiore un terremoto politico di cui sarebbe estremamente arduo ipotizzare le dimensioni. Pensate, che ne so?, a un Zapatero o a un Sarkozy che fossero accusati da qualche pentito di aver avuto in passato rapporti con la mafia. Quali pensate sarebbero le conseguenze?

Da noi invece fa tutto parte della normalità. Articoli come quello di Cavallaro, che altrove sarebbero deflagranti, passano rapidi e veloci tra le inondazioni in India e la diatriba patetica sulle casa di Fini a Montecarlo. Arriveremo mai, un giorno, a sapere la verità?

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