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martedì 2 marzo 2010

Quella sottile e impercettibile voglia di censura

Ieri il consiglio dei ministri ha approvato quello che in rete è noto da tempo come "decreto Romani", il provvedimento che inizialmente prevedeva "La cancellazione delle norme a sostegno delle produzioni indipendenti di fiction e di cinema italiano; la limitazione degli affollamenti pubblicitari per il satellite (a quasi esclusivo detrimento di Sky); il giro di vite sul web, dato che la disciplina dei siti Internet che trasmettono immagini non occasionalmente viene assimilata a quella delle emittenti televisive". Perché ho scritto prevedeva invece di prevede? Perché pare che la versione entrata in vigore sia leggermente più "edulcorata" rispetto alla bozza che era stata diffusa all'inizio. Sarebbe infatti sparita, tra le altre cose, la contestata norma che di fatto equiparava i videoblog, o comunque qualsiasi sito in grado di trasmettere filmati in streaming, alle normali emittenti televisive, con tutti gli obblighi burocratici che ciò comportava. Naturalmente è ancora presto per cantare vittoria. In primo luogo perché il testo completo è, almeno al momento in cui scrivo, ancora ignoto, e in secondo luogo perché chi, come ad esempio Scorza, di queste cose ci capisce fiuta comunque puzza di bruciato.

Ma mi premeva maggiormente, rispetto al decreto Romani, allargare un po' la visuale, perché sempre ieri sono state prese alcune decisioni che, seppure tecnicamente su piani diversi, sono tutte caratterizzate da una sorta di denominatore comune. Mi riferisco in particolare alla decisione presa dai vertici della Rai in applicazione della famosa "par condicio", la legge voluta dal centrosinistra e in vigore dal 2001 che nelle intenzioni originarie doveva servire a garantire una sorta di parità di comunicazione a tutti i soggetti politici in periodi di campagna elettorale. In pratica, il cda della tv di stato ha deciso di interpretare l'attuazione della par condicio oscurando di fatto tutte le trasmissioni di approfondimento da qui fino alle elezioni di fine marzo. A farne le spese Annozero, Porta a Porta, Ballarò e altre. Ovviamente, e giustamente a mio parere, i vari conduttori non ci stanno, e d'altra parte è la prima volta, da quando è in vigore la legge, che la sua applicazione passa attraverso l'oscuramento di intere trasmissioni televisive. A parte il danno economico per la Rai stessa, determinato dalla mancanza di spot pubblicitari in trasmissioni di grosso seguito, questa decisione è la prova provata che anche in Rai comanda la politica (non che ci fosse bisogno di provarlo, intendiamoci). La cosa curiosa è che nei paesi normali è la tv che controlla la politica, le fa da cane da guardia. Da noi è il contrario.

In questo quadro c'è anche da segnalare la sospensione della trasmissione di Gad Lerner, L'Infedele, che ieri sera, come tutti i lunedì, sarebbe dovuta andare in onda su La7. Il motivo ufficiale viene ricondotto alla solita par condicio, ma la trasmissione doveva occuparsi dello scandalo del riciclaggio in cui sarebbero coinvolte Fastweb e Telecom Italia Sparkle S.p.A. Non so se sia difficile fare due più due, specialmente se si considera che La7 è di proprietà proprio di Telecom. Gad Lerner si è opposto in ogni modo alla decisone presa dai vertici dell'emittente (qui e qui ne parla nel suo blog), ma alla fine si è dovuto arrendere. Che dire? Niente di particolare. Solo il fatto che - impressione personale - con la scusa di questa bendetta par condicio qualcuno sembra si stia levando parecchie soddisfazioni.

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