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venerdì 6 novembre 2009

La privatizzazione dell'acqua

Nella quasi indifferenza generale, a parte l'Unità che oggi ci ha fatto l'intera home page, è stato convertito in legge al Senato il Decreto 135/09, il cui art. 15 recita:

Il conferimento della gestione dei servizi pubblici locali avviene, in via ordinaria:
a) a favore di imprenditori o di società in qualunque forma costituite [...]


In pratica, senza fare molto rumore e mentre noi ci divertiamo con le domande di papi, ci stanno privatizzando la gestione dell'acqua sotto il naso. Voi sapete che l'acqua è un bene pubblico e che la sua gestione è in mano a enti pubblici locali. Con l'approvazione di questa legge - manca l'ultimo passaggio alla Camera - questa gestione diventerà affare principalmente di società private. Attenzione: non la proprietà dell'acqua, come molti un po' troppo allarmisticamente vanno dicendo in queste ore, ma solamente la sua gestione.

Attualmente in Italia la rete idrica è coperta da circa 110 gestori. Divisi tra i 91 Ato (ambito territoriale ottimale) esistenti. Grosso modo ad ogni Ato corrisponde una provincia. A crearli fu la Legge Galli del 1994. Che per la prima volta aprì anche ai privati. Oggi 64 gestori sono a totale capitale pubblico e servono oltre la metà della popolazione. Il resto è a capitale misto o privato. Questo fino a mercoledì. Perché nel giro di un anno o al massimo entro il 2012 l'affidamento dei servizi pubblici locali passerà in mano a «imprenditori o società in qualunque forma costituite». Anche con capitale misto dunque, purché «l’attribuzione dei compiti operativi connessi alla gestione del servizio» sia nelle mani del privato che non può «avere una quota inferiore al 40%» della società. Il pubblico può rimanere ma è il privato che decide quanto o come investire. E il privato deve fare profitti. E i profitti si fanno abbassando gli investimenti e alzando le tariffe. (fonte)

Quelli del governo ci tengono a precisare che non si tratta altro che di un adeguamento a delle direttive europee (non a caso l'articolo incriminato si chiama Adeguamento alla disciplina comunitaria in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica), ma molte realtà locali, che in questi giorni si stanno mobilitando, non la pensano affatto così.

A questo proposito va segnalata ad esempio l'iniziativa della giunta della regione Puglia del 23 ottobre scorso.

Mentre il Governo, attraverso l'art.15 del D.L. 135/09, vuole mettere definitivamente l'acqua nelle mani del mercato, un importantissimo segnale di controtendenza arriva dalla Regione Puglia, che, nella giornata di martedì 20 ottobre, con una delibera di Giunta Regionale, ha sancito l'avvio della ripubblicizzazione dell'Acquedotto Pugliese, definendo l'acqua un "bene comune e un diritto umano universale" e il servizio idrico come "servizio di interesse regionale privo di rilevanza economica" e nel contempo decidendo di impugnare presso la Corte Costituzionale il provvedimento legislativo in quanto lesivo delle prerogative assegnate dalla Costituzione alle Regioni.

Visto che i tiggì di queste cose non parlano, vi lascio qualche link qui sotto per approfondire un po'.

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