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giovedì 26 febbraio 2009

La "porcata" di Calderoli ci costa 400 milioni di euro

Questo articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Ricordate il Porcellum, la famosa legge elettorale varata nel 2005 che fu definita "porcata" dal suo stesso maggior estensore, Roberto Calderoli? Si tratta - molto brevemente - della legge che tra le altre cose ha abolito il voto di preferenza, ossia la possibilità per il cittadino elettore di scegliersi i propri candidati (uno dei motivi per cui alle ultime consultazioni mi sono rifiutato di presentarmi alle urne).

Probabilmente qualcuno di voi ricorderà che all'indomani della sua approvazione fu indetto un referendum per abolirla. Referendum che raccolse più di 800.000 firme a fronte delle 500.000 necessarie.

Visto che il 6 e 7 giugno prossimo si vota per le europee (il famoso "Election Day"), buon senso vorrebbe che quei due giorni fossero utilizzati appunto anche per votare il referendum, evitando così agli elettori la scocciatura di dover tornare ai seggi il weekend successivo. Come è noto, però, raramente il buon senso si accompagna al normale svolgersi delle vicende della politica, e infatti la lega, per bocca di Maroni (foto), ha ottenuto che il referendum si tenga la domenica successiva. Tutto questo, come sottolineato da più parti, con l'unico scopo (non se ne vedono altri) di far saltare tutto - non arrivando al quorum - contando sulla poca propensione della gente a recarsi alle urne per due domeniche consecutive.

Peccato che questo scherzetto abbia un costo, quantificato, come scrivevo nel titolo, in circa 400 milioni di euro di denaro pubblico. Soldi che potrebbero essere risparmiati (e magari destinati a miglior causa) in caso di accorpamento refrendum/europee. Scrive in proposito lavoce.info:

Non ci sarà un vero e proprio election day. Il Governo è orientato ad accorpare alle europee solo le amministrative e a tenere separata la data del referendum della legge elettorale, per farlo fallire. Questa scelta ha un costo per il contribuente di circa 200 milioni di euro, quanto fin qui impegnato per la social card. E vi sarebbero altri oneri indiretti per la collettività, pari a circa 200 milioni. Quindi in totale per affossare il referendum la classe politica vuol farci pagare 400 milioni.

In pratica si aggiunge porcata a porcata. Se a tutto questo si aggiunge la vicenda dell'abbassamento al 2% del limite che consente ai partitini di avere accesso ai rimborsi elettorali (anche qui soldi pubblici, cioè nostri) alle prossime consultazioni, si capisce bene (se non si fosse ancora capito) che cosa è ormai diventata la politica.


Aggiornamento 20,18.

Scrive l'Ansa che l'emendamento che abbassava la soglia minima per i rimborsi al 2% è stato stralciato.


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