In principio fu Pantani. Che non fu il primo, né l'ultimo, né l'unico, ma sicuramente uno dei casi più eclatanti che contribuì non poco a tenere alta l'attenzione sul problema mai risolto della diffusione del doping in questo sport. Oggi tocca a Riccò, giovane ciclista di belle speranze. Positivo alla CERA, una sostanza nuova che molte federazioni ciclistiche non hanno ancora incluso tra quelle proibite (eccetto evidentemente l'organizzazione del Tour de France).
Chi segue un po' questo sport, a mio parere molto appassionante, sarà sicuramente rimasto deluso. Ma la consapevolezza e la convinzione che questa piaga non si risolve e non si risolverà probabilmente mai, limitano - almeno per me è così - la delusione, trasformandola in rassegnazione. Anche se si spera sempre che alla fine si risolva tutto in una bolla di sapone (magari gli esami erano sbagliati, un errore, ecc...).
La cosa che fa rabbia, è che ancora a certe cose ci si appassiona. Il ciclismo è uno sport che richiede impegno, sacrificio, fatica; e quando vedi un giovane promettente che ottiene i risultati ottenuti finora dal giovane modenese, un po' ti ci affezioni, tendi istintivamente ad elevarlo al rango di eroe nazionale, specialmente in una competizione straniera di questo prestigio. E poi invece se ne va tutto a ramengo: tutto crolla e pensi che col ciclismo hai chiuso.
Fino al prossimo Riccò.
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