Non ha avuto molto risalto tra i media la notizia dello stralcio dalla finanziaria 2007 della cosidetta class action, ossia la proposta di legge che avrebbe consentito ai cittadini di avviare azioni "collegiali" tramite cui far valere le loro ragioni davanti alle eventuali angherie e soprusi di aziende, multinazionali e società finanziarie.
La cosa è perfettamente comprensibile, in quanto è importante che i telegiornali diano la precedenza e tengano la gente costantemente aggiornata - in perfetto stile soap - sui vari omicidi ancora insoluti che pesano come macigni sulla curiosità collettiva (da qui ogni giorno servizi su servizi infarciti di presunti - e spesso finti - scoop sulla vicenda di Garlasco, Cogne, ecc...).
Comunque, brevemente, per chi non sapesse di cosa sto parlando, la class action è una azione legale rappresentativa tramite la quale i semplici cittadini hanno la possibilità di far valere, alleandosi, le loro ragioni nei contenziosi con grandi aziende, banche, ecc... Un esempio di questo tipo (pur coi dovuti distinguo) in Italia è quella avviata da Beppe Grillo nei confronti di Telecom, tramite la quale gli azionisti danno le deleghe allo stesso Grillo in modo che vengano rappresentati nei consigli di amministrazione dell'azienda.
Sono vari anni che vengono fatte proposte di legge per riuscire a tramutare in realtà questo strumento di tutela dei consumatori, ma finora tutte senza esito. L'ultimo tentativo (e l'ultima speranza) era appunto la proposta di inserirla nella finanziaria in discussione in questi giorni. A questo proposito riporto un breve stralcio di un articolo di Mario Monti pubblicato su Corriere.it qualche giorno fa:
"Se la politica guardasse ai cittadini, li rispettasse come consumatori e risparmiatori, queste cose non succederebbero. Nei giorni scorsi in Parlamento è di nuovo abortito il tentativo di dotare l'Italia di uno strumento vitale per una democrazia economica: la class action o azione legale collettiva per il risarcimento dei danni. Sei anni dopo il primo disegno di legge in materia, sedici mesi dopo il disegno di legge Bersani che puntava molto sull' azione collettiva per una politica rivolta al cittadino- consumatore, nella commissione Bilancio del Senato si è deciso di non utilizzare la corsia rapida della legge finanziaria per varare il provvedimento. Quale sia il veicolo legislativo appropriato, si può discutere. Ma una cosa è indiscutibile: questa è un'innovazione che disturba interessi costituiti dell'economia e della finanza, come è risultato evidente nelle audizioni svolte dalla commissione Giustizia. Il governo di centro-sinistra non ha attribuito al tema una grande priorità. L'opposizione di centro-destra non ha mostrato interesse. Né gli uni né gli altri devono aver considerato atto di intelligenza politica l'andare a testa bassa contro influenti corporazioni, alienandosele a vantaggio della parte opposta, e ciò nel «solo» interesse dei cittadini" (l'articolo integrale è qui).
Come giustamente osserva Monti, è mancata una palese volontà, sia da parte del centro destra che del centro sinistra, di promuovere e battersi per qualcosa che andasse a vantaggio dei cittadini piuttosto che alle corporazioni e alle holding. E se questo poteva non stupire in un contesto in cui a governare fosse stato il precedente esecutivo, sorprende abbastanza il fatto che anche un governo che si richiami ai valori della sinistra tenda a non ritenere importanti certe questioni.
In fin dei conti, a pensarci bene, la cosa non stupisce più di tanto. Sono stati molti, infatti, nel corso di questa legislatura, gli episodi che hanno dimostrato come questa sinistra si distingua dall'opposta coalizione solo per il nome.
Quer pasticciaccio brutto della Class Action all’Italiana
RispondiEliminaData: 19 Novembre 2007 Argomento: Comunicati, Consumatori e Prima Pagina.
In un recente scambio epistolare con il Presidente di MDC, Antonio Longo, avevo stigmatizzato il formulato, poi approvato per errore al Senato, sull’istituzione della class action che pone una riserva quasi esclusiva alle associazioni appartenenti al CNCU. In poche parole si tradisce lo spirito originario della class action americana che dovrebbe, per i successi che ha ottenuto, essere il modello di riferimento, un modello diffuso sul territorio. Con la class action all’italiana si rischia di creare un sistema ”controllato e diretto” dal Ministro dello Sviluppo Economico, che, per legge (art. 136 del Codice del Consumo), presiede il CNCU.
Le imprese non dovrebbero essere preoccupate più di tanto, salvo che il ministro di turno, magari alzandosi male una mattina, non decida di convocare le associazioni per invitarle, magari con la promessa di qualche finanziamento, a ”colpire una azienda per educarne cento”. E’ evidente che i contributi potrebbero essere erogati anche per la ragione opposta! A fronte di tale scenario, le difese “corporative” del provvedimento da parte di Federconsumatori, sembrano surreali come il sostegno, a spada tratta, di Adiconsum e Adusbef, Essendo tutte associazioni appartenenti al CNCU e, guarda caso, strenue paladine dell’indennizzo diretto, comprendiamo benissimo la volontà di sostenere quello che è per loro una specie di ”asso piglia tutto”, come peraltro espresso da alcuni comunicati (qui, qui e qui) dell’ADUC, una associazione fuori dal coro.