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lunedì 8 ottobre 2007

Se non patteggi è peggio

Il can can mediatico nato dalla ormai nota vicenda di Jammie Thomas ha avuto presumibilmente la sua ragione d'essere in quanto ha stabilito un precedente finora unico (pare): quello del rifiuto da parte della presunta "pirata" di accettare il patteggiamento con conseguente riduzione di pena.

Non è infatti la prima volta che una major discografica denuncia un utente, o più di uno, per aver scaricato illegalmente musica o film dai circuiti p2p (e purtroppo non sarà neanche l'ultima), ma in genere gli accusati hanno sempre ammesso le loro "colpe" risolvendo così la controversia con relativamente modici esborsi di denaro a titolo di risarcimento.

Jammie Thomas, la trentenne americana protagonista della vicenda, ha invece accettato di andare in giudizio venendo condannata a una sanzione di 220.000 dollari per avere scaricato 24 canzoni da Kazaa.

Questo comportamento, che le major del disco e dell'intrattenimento adottano quasi come prassi, potrebbe venire inquadrato come una specie di "ricatto", in quanto in sostanza dicono: "o confessi, paghi il dovuto e noi ritiriamo la denuncia, oppure si va in giudizio", dove i normali utenti hanno notoriamente ben poche possibilità di spuntarla davanti al "potenziale legale" che sono in grado di mettere in campo le industrie discografiche.

A fare da contorno a tutta la vicenda ci sono le parole, a mio giudizio deliranti, di Jennifer Pariser, avvocato della Sony nel processo contro Jammie Thomas:

"Quando un individuo fa una copia di una canzone per sé stesso, suppongo che possiamo dire che egli abbia rubato una canzone. Fare una copia di una canzone comprata è solo un modo carino per dire rubare solo una copia".

Alzi la mano chi non ha mai creato una playlist di mp3 da ascoltare mentre lavora al pc. E alzi la mano chi non l'ha mai fatto rippando un cd regolarmente acquistato. Io sì. E se questo vuole dire essere pirati, beh, io sono un pirata.

1 commento:

  1. Ah sì ecco, il solito sistema di quella che nel mondo moderno chiamiamo "giustizia": più la tua frode è insignificante, più in proporzione paghi i risarcimenti. Più soldi rubi, meno ne paghi come risarcimento.

    La prima nota è su quei 220.000 dollari, quasi 10.000 dollari a canzone scaricata. Quanto è il valore commerciale di una canzone? Vogliamo essere generosissimi? 5 dollari (in realtà per le canzoni disponibili legalmente online il valore commerciale è molto meno). Quindi per ogni utente portato a giudizio le case discografiche possono rifarsi di almeno deumila utenti non beccati. Molto comodo direi. Quasi quasi gli conviene: se riesce a portare a giudizio almeno un utente illegale su mille (che non è una grossa fatica) la pirateria gli porterà un guadagno nelle casse invece che una perdita.

    Ma farei anche una proporzione. Prendiamo che un certo tizio nel caso Enrorn abbia frodato altri per una cifra di dieci milioni di dollari. Mi sembra un cifra più che sensata, anzi, probabilmente molto al ribasso. Ebbene, la giustizia dovrebbe condannarlo a risarcire 20 miliardi di dollari, praticamente mezza manovra finanziaria della nostra Italia, uno dei sette paesi più industrializzati (che notoriamente non fa manovrine di poco conto). Quindi la morale è sempre la stessa in questo mondo bizzarro: se vuoi rubare, sarà molto meglio che rubi cifre stratosferiche perché al massimo ti chiedono di restituirle. Se rubi poco, vai in bancarotta...

    Sul passaggio del legale che dire: una fesseria in flagrante, una bugia immorale in piena regola. Se io mi compro un libro, ho tutto il sacrosanto diritto di mettermi a copiare con la penna tutto il suo contenuto e portarmi la copia manoscritta dove e quando voglio. Non sto violando alcuna legge. Anzi, è un mio diritto garantirmi contro l'usura del suppporto materiale dell'originale, proprio perché io ho pagato profumatamente in massima parte non la carta e l'inchiostro, ma il contenuto. L'ho pagato e quindi ho diritto a copiarmelo quante volte voglio perché se anche la carta del libro mi va a fuoco, io ho pagato più per le parole che per la carta. Se avessero stampato un libro con lo stesso numeri di carattere ma buttati a caso, state pur certi che non lo pagavo per quella cifra lì che ho pagato.

    Comunque, la colpa è dei giudici e delle leggi...

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