domenica 14 dicembre 2025

Garlasco e la separazione delle carriere

Leggo che nel discorso di chiusura del circo Barnum di Atreju la signora urlante ha intimato ai presenti di votare sì al referendum della giustizia della prossima primavera "perché non ci possa più essere una vergogna come quella di Garlasco". Bello. Peccato che la separazione delle carriere non c'entri niente col caso Garlasco, in quanto gli errori venuti alla luce, di cui si parla massicciamente da qualche mese, non dipendono dal rapporto PM–giudice.

Le principali criticità del caso Garlasco riguardano indagini iniziali lacunose (contaminazione della scena, reperti non raccolti o raccolti male), errori tecnici e scientifici (DNA, impronte, perizie contrastanti), scelte investigative discutibili (piste abbandonate, altre privilegiate), valutazioni probatorie controverse nei vari gradi di giudizio. Ma tutto questo è avvenuto a monte del processo. Se anche fosse stata in vigore la separazione delle carriere, sul piano tecnico delle indagini non sarebbe cambiato niente in quanto la separazione non avrebbe influito in alcun modo sulle modalità di preservazione di una scena del crimine, su come si esegue una perizia, su come si interpreta un dato scientifico.
 
Il leitmotiv principale dei sostenitori del sì è che un giudice totalmente separato dal PM sarebbe più "terzo", ma nel caso Garlasco ci sono state assoluzioni e condanne, ribaltamenti di sentenze e giudici che non si sono affatto allineati alle richieste dell’accusa. Insomma, se c'è un fatto di cronaca che più di altri non può essere preso come casus belli per perorare la causa della separazione delle carriere è proprio quello di Garlasco, e la signora urlante ha utilizzato proprio quello per la sua propaganda. Ma tanto l'elettore medio dei fratellini d'Italia figuriamoci se potrà mai capire questo tipo di inganno.

10 commenti:

  1. Il brutto è che molte persone non riescono a capire che quanto asserito dalla Meloni non ha nulla a che fare con la realtà, ma sono i soliti slogan elettorali, dato che ormai sembra che si sia sempre sotto elezioni.

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    1. Generalizzando molto, oggi viviamo in una società molto complessa dove, contestualmente, il livello culturale generale si è nel tempo progressivamente abbassando. A questo va aggiunto il fatto che gran parte delle persone si approccia alle cose dal lato ideologico-sentimentale, non razionale, quindi non approfondisce, non si informa; prende per buona qualsiasi cosa venga detta "perché l'ha detta quel personaggio che mi piace".
      Il dramma di oggi, in soldoni, è tutto qui.

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    2. é indubbio che il livello culturale si sia abbassato ed è stato dovuto in parte dalle persone che si sono adeguate al sistema, ma anche a una classe dirigente e politica che ha spinto verso questa direzione (più ignoranza=più controllo), a partire da Berlusconi (non ci si dimentica che per lui la gente doveva guardare meno notizie tristi come quelle dei tg e avere pensieri più leggeri, più divertenti). Se a questo si aggiunge un'educazione sempre più mancante e sempre più demandata a chissà chi (nessuno vuole tale responsabilità), il quadro è fatto.

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  2. Un governo i cui esponenti dovrebbero darsi all'ippica, anche in quanto campioni nel cavalcare qualsiasi cosa gli passi davanti.

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    1. Esatto. Invece questo "cavalcare qualsiasi cosa gli passi davanti" è ciò che li ha portati nelle stanze dei bottoni.

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    2. Dato che cavalcando qualsiasi cosa gli passi davanti restano ben saldi nelle stanze dei bottoni, e che la gran parte delle persone ha un approccio non razionale alla realtà, e quindi non approfondisce e non si informa, ci vorrebbe un'opposizione che martellasse alcuni concetti veri e basilari ogni volta che ha davanti un microfono, che scrive su un giornale o su un social, che ha insomma l'occasione di farsi vedere, leggere o ascoltare, e anzi occasioni simili non si stancasse di cercarle.
      Ne dico solo una, su cui appunto bisognerebbe insistere ad ogni piè sospinto: "una tassa patrimoniale dal milione di euro in su!". Perchè la gente è straconvinta, e l'ho sentito da esperti ben più qualificati di me, che "patrimoniale" voglia dire che si andrebbe ad intaccare anche quelle cifre tutt'altro che stratosferiche, se non proprio risibili, che molti lavoratori più o meno modesti sono riusciti a mettere da parte, per la vecchiaia o per lasciare qualcosa ai figli.
      E qua casca definitivamente l'asino, perchè l'opposizione queste cose continua a non capirle, o a non volerle capire; e di fatto, rispetto alla realtà e alle sfide cruciali che essa impone, è e resta del tutto evanescente, per non dire inesistente (oltre ad una sfilza di altri aggettivi squalificativi che non finirebbe mai e quindi tralascio).

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    3. Io penso che il problema dell'opposizione è che non esiste più. Il quasi 50% di elettori che sta a casa è probabilmente per gran parte composto da persone che avrebbero voglia di sentire una sinistra che fa veramente la sinistra e dice cose di sinistra. Nella percezione di questa massa di rinunciatari, che francamente non mi sento di biasimare, la sinistra ha da tempo abdicato al suo ruolo. A chi bisogna rivolgersi oggi per sentire chiaramente parlare di patrimoniale, di redistribuzione dei redditi, di lotta vera (non a chiacchiere) all'evasione fiscale, di giustizia sociale? Forse è rimasta giusto AVS che ancora batte su questi temi. Ma poi neanche...
      Con un'opposizione sfilacciata, pavida, tutta impegnata a mantenere e fortificare i suoi personalismi, questi qui al governo nel 2027 vinceranno di nuovo a mani basse.
      Garantito.

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    4. Non fa(i) una piega.
      Ahimé.

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    5. La sinistra non fa più la sinistra da tanto tempo, troppo lontano dalle persone comuni, dai lavoratori; emblematico di ciò Renzi, perché uno che si diceva di sinistra (ma che ricercava solo il potere) che asseriva che bisognava prendere a esempio figure come Berlusconi, non può essere rappresentante di sinistra.

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    6. Renzi non l'ho mai considerato afferente alla sinistra, fin da quando, terminato il suo mandato di sindaco di Firenze, entrò nella politica nazionale. Oggi meno che mai.

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