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sabato 30 marzo 2019

Saggi postumi

Apprendo dall'inserto Tuttolibri de La Stampa dell'uscita di un saggio postumo di Umberto Eco: Migrazioni e intolleranza, scritto ormai vent'anni fa sotto input della sua leggendaria capacità di prevedere da piccoli segnali gli accadimenti futuri della nostra società e rimasto nel cassetto fino ad oggi. Sarà sicuramente uno dei prossimi libri che comprerò.

Approfitto di questo post per rivolgere un elogio a Tuttolibri, il migliore inserto di recensioni letterarie e aggiornamenti sulle pubblicazioni di libri in circolazione sulla carta stampata. Lo trovate ogni sabato mattina all'interno de La Stampa. Sì, lo so, i giornali, e specialmente i libri, oggi li leggono solo i vecchietti come lo scrivente, e in fondo 'sta cosa mica è sbagliata, vedendo il ciarpame che infesta le edicole, ma cercando bene si trova ancora qualcosa che vale la pena di acquistare.

venerdì 29 marzo 2019

Regressioni

Dice Massimo Gandolfini, dal congresso della famiglia di Verona, che "Da un'unione donna-donna e uomo-uomo non nasce una vita, per cui non possono essere genitori". Ora, per carità, ognuno è libero di pensare ciò che vuole e di sbandierare ciò che pensa da qualunque pulpito. Mi chiedo però che valore abbia una manifestazione che si impernia su premesse totalmente errate. Non è infatti la biologia, come afferma Gandolfini, che dà la patente di genitore, non si è genitori perché si è copulato col partner e si è generata la vita, si è genitori perché ci si prende cura dei piccoli, si dà loro affetto, si risponde alle loro domande, si soddisfano i loro bisogni, e questa cose le può fare chiunque, non necessariamente i genitori biologici. Siamo proprio all'ABC, se chiedere queste cose a un ragazzino delle medie vi risponderà allo stesso modo.

Ma lasciamo perdere, si facciano pure il loro congresso dove se le cantano e se le suonano nel nome della famiglia naturale, dove per naturale intendono naturalmente papà e mamma con prole e felicemente sposati in chiesa, facendo finta di non sapere che se c'è una cosa che di naturale non ha niente è proprio il concetto di famiglia, che semmai è un prodotto culturale, dal momento che se vai in altre parti del globo e in altre culture trovi altrettante configurazioni famigliari.

Perché ho titolato così questo post? Perché, non so come dire, ma guardando un po' quello che succede in giro mi pare di cogliere segnali di regressione sociale e culturale evidenti. Magari se gli accadimenti vengono presi singolarmente è più difficile accorgersene, ma se li si mette insieme è più facile farsi un quadro dell'andamento generale. Il congresso di Verona, ad esempio, cos'è se non un ritrovo di nostalgici delle più arcaiche forme di patriarcato? Oppure prendete la legge sulla legittima difesa: non è un ritorno a un passato dove ognuno si faceva giustizia da sé in stile occhio per occhio e dente per dente, buttando nel cesso secoli di diritto? E la proposta in cui si parla di un'agevolazione della diffusione delle armi, cos'è se non un richiamo a quel Far-West dove ognuno girava con la sua bella pistola in tasca e risolveva con quella le sue diatribe? E si potrebbe continuare.

Boh, non so, magari sono io che invecchiando divento più pessimista e tendo a vedere cose che in realtà non ci sono, può darsi, e in fin dei conti sarei anche contento se fosse così.

mercoledì 27 marzo 2019

Aiutiamoli a casa loro

Dice il babbo di Moise Kean che simpatizza per la Lega, vorrebbe bloccare le partenze dalla Libia e secondo lui è giusto che gli africani vengano aiutati a casa loro.

Ora, che uno arrivato qua dall'Africa simpatizzi per Salvini e voglia bloccare le partenze dal posto da cui è partito anche lui, lascia quanto meno perplessi, ma ognuno è in fondo libero di essere incoerente quanto gli pare. Lo slogan trito e ritrito dell'aiutarli a casa loro, invece, slogan che se ricordate usò anche Renzi, per dire quanto questa assurdità sia bipartisan tra destra e sinistra, anzi tra destra e destra, dal momento che Renzi con la sinistra non ha mai avuto niente a che fare, questo slogan, dicevo, non ha nessun significato pratico, concreto.

Cosa significa aiutarli a casa loro? Mandare soldi, aiuti alimentari, tecnologie, cosa? Un nuovo Piano Marshall per l'Africa? Bello, e chi paga? Gli Stati Uniti spesero quattordici miliardi di dollari per la ricostruzione dell'Europa dopo la Seconda guerra mondiale, provate a immaginare quanto costerebbe aiutare un continente come l'Africa dopo che quattro secoli di colonialismo europeo e americano (più tardi), quel colonialismo sul quale noi occidentali abbiamo costruito il nostro benessere, l'hanno depredato di tutto il depredabile lasciando miseria, fame e instabilità, quella fame e quella miseria che spingono oggi chi può a fuggire verso l'Europa.

Certe volte è veramente difficile capire se chi dice simili corbellerie non sappia cosa sta dicendo oppure lo sappia ma confidi nel fatto che la sua scemenza passi inosservata in mezzo al mare delle scemenze che ogni giorno capita di sentire.

Direttiva sul copyright

Ammetto candidamente di aver capito ben poco, nonostante l'esauriente spiegazione di Paolo, della nuova direttiva sul copyright che dovrebbe entrare in vigore nel 2021. L'unica cosa chiara, almeno credo, è che per i piccoli blogger di campagna con poche decine di lettori, tipo questo, non cambierà assolutamente niente. Un po' egoisticamente, mi basta.

martedì 26 marzo 2019

Meritocrazia della cittadinanza

Alla fine, ciò che mi risulta ostico comprendere è che la cittadinanza debba essere concessa per meriti, che è ciò che ha lasciato intendere ogni uscita di Salvini da quando è esploso il caso Ramy. I trentadue lettori del mio blog, me compreso, che merito hanno di essere cittadini italiani certificati? Nessuno. Siamo tutti nati da genitori italiani, siamo nati in Italia e quindi abbiamo automaticamente la cittadinanza. Stop. Non è che per averla ci siamo dovuti distinguere per particolari opere meritorie, non è una benevola concessione. Se così fosse, non si capisce perché nessuno l'abbia mai tolta a Totò Riina, giusto per fare il primo esempio che mi viene in mente.

Se la meritocrazia non c'entra quindi una beata fava, non si capisce perché non si debba modificare la legislazione in materia in questo senso: sei nato in Italia, hai sempre vissuto qui (asilo, scuola, amicizie, cultura ecc.), sei cittadino italiano e chiusa lì. Troppo semplice? A me pare di no. In ogni caso, se questa modifica legislativa non l'hanno voluta fare non sono riusciti a farla i vari Renzi e Gentiloni, figurarsi se la faranno mai questi qui.

domenica 24 marzo 2019

Guerre leggermente sbagliate

Abbiamo leggermente sbagliato bersaglio: vent'anni di guerra ai musulmani senza accorgerci che alla fine quelli che ci fagociteranno saranno i cinesi. No, dico, non crederete davvero che il pacco di milioni di yuan che Xi Jinping porta a Roma sia una forma di beneficenza?

Un paese che ha venti volte la nostra popolazione e una tecnologia cento volte più avanti della nostra non viene a investire in un paese sull'orlo della bancarotta per filantropia. Tre o quattro anni e saremo una colonia cinese. Ma noi continueremo a prendercela coi barconi, perché capiamo sempre tutto, noi.

I cretini

"Di', c'è pure stata la mancata tragedia del pullman di ragazzini a Milano?"
"Sì, e allora?"
"Hai sentito Salvini cosa ha risposto alla richiesta del babbo del ragazzino eroe di concedergli la cittadinanza?"
"No, cosa ha risposto?"
"Si candidi, diventi ministro e poi cambi la legge."
E giù una grassa risata, risata condivisa dal gruppetto di idioti al bancone del bar.

Cosa ridete, cretini? Un ministro che, dall'alto della sua posizione, con sufficienza e strafottenza deride e sbeffeggia una semplice richiesta di avere gli stessi diritti di tutti gli altri vi fa ridere? Il forte che deride il più debole, colpevole solo di avanzare richiesta di non essere discriminato senza motivo vi fa ridere? Vi fa stare bene? Vi serve questo per appagare e riempire un po' il niente e il vuoto di cui sono fatte le vostre vite?

giovedì 21 marzo 2019

Nel mentre

Mentre il mondo, fuori, impazzisce, io sono alle prese con una lavatrice da stendere e una lavastoviglie da svuotare. Dopo otto ore mezza di magazzino, s'intende.

È da qualche giorno che non scrivo più niente, qui, ma niente di preoccupante, è solo che non ho più lo stimolo di scrivere, e neppure la voglia. Poi ultimamente cerco di stare il più lontano possibile da ciò che succede nel mondo, passo le mie giornate lavorando e leggendo libri, di tutto il resto m'importa poco.

Magari prima o poi mi tornerà la voglia di scrivere.

sabato 16 marzo 2019

Dentro i fatti suoi

Gli ospedali sono posti strani, si trova la più varia umanità. C'è il paziente che sbraita e minaccia il medico oculista che lo segue di andare in Procura, perché secondo lui non si è interessato al meglio al suo problema; c'è l'infermiera, trafelata, che raccomanda alle persone in attesa sulle sedie di plastica di avere pazienza, ché arriverà il turno di tutti. Una bambina irrequieta, a quelle parole, chiede alla mamma cos'è la pazienza e come si fa a portarla.

C'è un ragazzo giovane su una sedia a rotelle, portato da un'infermiera, viene da nefrologia e deve fare una visita oculistica, ha lo sguardo un po' spaesato. L'hanno messo in attesa e lui se ne sta tranquillo, in atteggiamento pensoso. L'anziana signora col cappotto rosso, qui a fianco a me, si lamenta del bruciore provocato dalle gocce messele dall'infermiera negli occhi per dilatare la pupilla. "Abbia pazienza" le dice l'infermiera "il bruciore passa subito".

La bambina che interrogava la mamma sulla pazienza, ora le chiede perché alla signora col cappotto rosso brucino gli occhi. "Colpa della gocce" le risponde lei, poi torna a sfogliare Panorama.
Mi viene in mente quella canzone... "Ognuno in fondo perso dentro i fatti suoi..."

Eco in classifica

Leggo nell'inserto settimanale Tuttolibri, de La Stampa, che Il nome della rosa, di Eco, è (ri)entrato nella classifica dei dieci libri più venduti in Italia. Successe quando uscì il film di Jean Jacques Annaud e succede adesso che la Rai trasmette una serie televisiva ispirata al romanzo.

Anche solo questo è un motivo sufficiente per trasporre opere letterarie in film o serie TV.

venerdì 15 marzo 2019

Non c'entra la follia

Non credo c'entri la follia, come molti hanno scritto, nella strage in Nuova Zelanda. La follia si manifesta in assenza di coscienza e/o ragione, mentre qui le due componenti erano invece ben presenti entrambe: il tizio era perfettamente conscio di ciò che voleva fare (coscienza) ed aveva pianificato tutto nei minimi particolari (ha quindi usato la ragione).

La spiegazione, credo, sta semplicemente nella totale mancanza di rispetto per la vita altrui e nell'incapacità di capire la gravità di quell'azione. E ci sarà sicuramente anche altro, ma di sicuro non c'è la follia.

giovedì 14 marzo 2019

Tajani e Mussolini

Stupisce, un po', che Tajani abbia fatto una simile esternazione. Generalmente, infatti, ricorre alla classica "ha fatto anche cose buone" il cazzaro da bar che dell'uomo del ventennio fascista sa giusto ciò che circola tra un buon Sangiovese e un torneo di briscola. Tajani, invece, che viene dal classico e può vantare una laurea in giurisprudenza, anche se ha un passato da berlusconiano di ferro non mi sento di catalogarlo tra i cazzari da bar. Mah, chissà, magari gli è scappata involontariamente.

Per quanto riguarda le famose cose buone, che gira e rigira sono sempre quelle, e cioè scuole, colonie e bonifiche varie assortite, Tajani dovrebbe sapere che opere pubbliche di un certo rilievo sono un tratto peculiare di tutte le dittature, e hanno come scopo primario (la pubblica uilità è un corollario) la glorificazione di chi le fa. E ben difficilmente possono essere utilizzate per edulcorare i tratti crudeli e criminali di una dittatura come è stata quella del ventennio fascista.

mercoledì 13 marzo 2019

Drammi che rimangono

Non so se avete notato la frequenza dei casi di femminicidio avvenuti in quest'ultimo periodo. Se non ce n'è uno al giorno, poco ci manca. Ma non solo questo. A Reggio Calabria l'azienda provinciale sanitaria è stata sciolta per mafia. Nel veneziano una banda composta da un'ottantina di persone, tra indagati e arrestati, è stata sgominata per 'ndrangheta. E si potrebbe continuare.

Tutto questo per dire che quando sarà finita l'ubriacatura collettiva contro i migranti, sapientemente messa in scena da Salvini e soci, molti si accorgeranno che il nostro paese ha quattrocento milioni di problemi infinitamente più urgenti dell'immigrazione, ammesso e non concesso che l'immigrazione sia un problema, e saranno ancora tutti lì, esattamente come erano, anzi forse ulteriormente incancreniti, prima che qualcuno ci facesse credere che il primo problema del nostro paese fossero i poveracci sui barconi.

Ma l'esperienza insegna che, per molti, neppure l'evidenza ha un potere di presa capace di far rinsavire dall'idolatria acritica.

martedì 12 marzo 2019

Tutti sapevano



Dopo aver letto questo libro, non si resta scioccati da ciò che successe nei campi di sterminio polacchi, o almeno non solo da quello, quanto dal fatto che tutti sapevano. Di ciò che successe nella Polonia occupata dai nazisti erano a conoscenza gli Stati Uniti, la Francia, l'Inghilterra, il Vaticano. Tutti sapevano e nessuno fece o disse niente.

A mano?

Vedo di fronte a me, nella libreria della sala, Il conte di Montecristo di Dumas, sulla mensola dove tengo i libri in attesa di essere letti. È un romanzo diviso in due volumi per un totale di quasi milleseicento pagine. A un certo punto, all'improvviso, mi chiedo come l'abbia scritto, Dumas. Siccome la stesura risale alla prima metà del milleottocento e sia la macchina per scrivere che la penna a sfera sono state inventate nella seconda metà, deduco che l'abbia scritto a mano utilizzando pennino d'oca e calamaio. Milleseicento pagine scritte con pennino e calamaio.

Ricordo che mi chiedevo la stessa cosa mentre, qualche tempo fa, leggevo Delitto e castigo di Dostoevskij. E niente, pensavo che gli scrittori di quei tempi avevano attributi non indifferenti.

domenica 10 marzo 2019

Da Treblinka alla Libia

Sto leggendo in questi giorni In quelle tenebre, della giornalista inglese Gitta Sereny. È un libro che fu pubblicato originariamente nel 1974 (si sono poi succedute varie edizioni) e che narra la storia, attraverso una serie di interviste fatte dalla giornalista nel carcere di Düsseldorf durante il processo, di Franz Stangl, comandante dei campi di sterminio nazisti di Sobibòr prima e Treblinka poi.

Per caso, stamattina, mi sono imbattuto in questo articolo del giornale online di Mentana in cui vengono documentati gli abusi e le torture subiti dai migranti nei campi di detenzione libici. Niente di paragonabile tra le due situazioni, naturalmente, i nazisti realizzarono il genocidio degli ebrei col preciso scopo di eradicare una razza, almeno dall'Europa, gli aguzzini libici invece seviziano, torturano e uccidono i migranti per ottenere denaro.

Eppure, pensandoci bene, non riesco a fare a meno di convincermi che forse le analogie tra le due situazioni sono di gran lunga superiori alle differenze.

Le mie ferie

Le ferie non le intendo come quel periodo, generalmente una settimana o due, in cui si carica la macchina di valigie e si va in vacanza da qualche parte. Certo, in qualche misura anche quello, nel mio caso in passato molto più di adesso, ma la mia idea di ferie di quasi cinquantenne consiste sostanzialmente nel non avere orari rigidi e fissi per fare le cose, libertà totale dalla ruotine, cosa che invece non è possibile quando si lavora.

Intendo, sostanzialmente, alzarmi e andare a letto quando ho voglia, crogiolarmi a metà mattinata ai tavolini del bar sotto casa tra giornale, cappuccino e cornetto, pranzare a mezzogiorno, oppure all'una o alle due, svegliarmi alle cinque di mattina senza riaddormentarmi e quindi accendere la luce e leggere fino alle nove. Partire per una passeggiata lungo il Marecchia alle undici e tornare alle due. Esattamente ciò che ho fatto negli ultimi quindici giorni. La libertà, cioè, di fare ciò che più mi piace a qualsiasi ora, immerso una sorta di, come dire?, crono-anarchia.

Sì, certo, è bello anche viaggiare, vedere posti nuovi, ma questo lo si può fare anche coi libri. Si legge ad esempio José Saramago e si conosce il Portogallo meglio che andandoci; si legge un romanzo di King e si conosce il New England senza doversi sorbire ore di aereo e via così.

Diciamo che alle ferie della macchina stipata, delle valigie, delle code in autostrada, delle spiagge roventi e affollate, delle file interminabili davanti a una cabinovia, preferisco di gran lunga le ferie dei libri e del cazzeggio senza orari, di cui mi appresto a godermi questa ultima giornata.

venerdì 8 marzo 2019

L'epoca delle passioni tristi e la pizza coi professori



Quando frequentavo le medie, le uscite coi professori erano abbastanza frequenti: partite a pallone l'ultima ora del sabato con l'insegnante di matematica, ad esempio, oppure qualche uscita in pizzeria. Alle superiori meno, ma alle medie era consuetudine abbastanza consolidata. Mi è venuta in mente questa cosa leggendo questo bel saggio del filosofo e psicanalista Miguel Benasayag: L'epoca delle passioni tristi, e ho scoperto, tra le altre cose, che le uscite coi professori erano quanto di più sbagliato ci fosse. Perché?

Uno dei temi più interessanti affrontati nel saggio riguarda il problema della progressiva perdita di autorità dei genitori e degli insegnanti verso i figli i primi e gli allievi i secondi. La faccenda è abbastanza complessa ma, sintetizzando brutalmente, e sempre che abbia correttamente inteso, Benasayag afferma che uno dei problemi maggiori nelle odierne relazioni tra adulti e giovani, che in sostanza è ciò che fa sì che fuori degli studi psichiatrici ci sia la fila, è questa sorta di simmetria relazionale tra i due soggetti, cioè questa mancanza di differenza dovuta alla perdita di autorità da parte degli adulti, autorità da non confondere con autoritarismo, che è altra cosa. Io sono il professore, tu l'allievo; io sono genitore, tu figlio. Io professore non vengo a mangiare la pizza con te, io genitore non divento tuo amico, come si sente dire spesso oggi in ossequio al fatto che i genitori aspirano a diventare amici dei figli.

In sostanza, gli adulti devono far valere questa autorità pena il ricorso alla forza e alla coercizione per riuscire a tenere a bada, diciamo così, il giovane. Scrive l'autore: "Il principio di autorità si differenzia dall'autoritarismo in quanto rappresenta una sorta di fondamento comune ai due termini della relazione, in virtù del quale è chiaro che uno rappresenta l'autorità e l'altro ubbidisce; ma allo stesso tempo è convenuto che entrambi ubbidiscono a quel principio comune che, per così dire, predetermina dall'esterno la relazione. Il principio di autorità è così fondato sull'esistenza di un bene condiviso, di un medesimo obiettivo per tutti: io ti ubbidisco perché tu rappresenti per me l'invito a dirigersi verso questo obiettivo comune, perché so che questa obbedienza ti ha permesso di diventare l'adulto che sei oggi, come io lo sarò domani".

Sinceramente non credevo che andare a mangiare una pizza coi professori fosse così deleterio, ma questo dice la scienza e amen. D'altra parte, aggiunge poi l'autore in una battuta, il successo di Dio è che nessuno l'ha mai visto.

giovedì 7 marzo 2019

Baloccamenti letterari

In questi ultimi ultimi giorni mi sono baloccato con due libri: L'amore in una strada buia e Canzoni. Il primo è una raccolta di racconti, pubblicati tra il 1945 e il 1973, dello scrittore americano Irving Shaw. Mi ci sono imbattuto per caso mentre adocchiavo i libri esposti su una bancarella dell'usato qui in piazza, a Santarcangelo. Non conoscevo né il libro né l'autore, ma il titolo mi ha attirato e quindi l'ho preso. Sapete, non sempre si cerca un libro, capita sovente che sia il libro che cerca il lettore.

Canzoni, invece, uscito nelle librerie l'anno scorso, è una raccolta di testi di Francesco Guccini, testi che sono veri e propri componimenti poetici poi vestiti di musica. Guccini non vuole essere definito poeta, afferma con una certa insistenza di non esserlo ritenendosi un cantautore. Io, che di poesia non capisco nulla, continuo a pensare che la stragrande maggioranza dei suoi testi siano vere e proprie poesie, in grado di camminare da sole anche senza vestito musicale addosso. I testi presi in esame, e analizzati e sviscerati da Gabriella Fenocchio, sono stati scelti tra la sua sterminata produzione di chansonnier e abbracciano un periodo che va da metà anni '60 al 2012, anno in cui uscì L'ultima thùle, album con cui Guccini diede addio alla sua carriera musicale. E la mancanza si sente tutta.

I perché di Fogli

Mentre sfogliavo La Stampa, seduto a un tavolino del bar sotto a casa, mi è passata sotto gli occhi l'immagine di Fogli, Riccardo Fogli, il quale, ho letto di sfuggita, starebbe partecipando a una specie di reality su una lontana isola di cui non so il nome e non mi frega niente di saperlo. Vedendolo con barba lunga, capelli lunghi, aria trasandata tipica dei mendicanti sotto i portici di qualunque città, mi sono chiesto cosa spinga a ridursi così, quale sia la molla che induce a rinunciare alla seppur minima forma di pudore per dare in pasto sé stessi, la propria interiorità ed esteriorità ai media e alle curiose morbosità di eserciti di teledipendenti che hanno assurto a ragione di vita il frugare nelle miserie altrui.

Forse per soldi? Forse perché risulta insopportabile l'idea di cadere nell'oblio dopo una carriera musicale che, pur tra alti e bassi, è comunque stata di un certo rilievo? Per carità, ognuno è libero di vivere il proprio crepuscolo artistico e biologico come meglio crede, ma io, personalmente, provo molta maggiore stima per chi, semplicemente, prende atto della fine di un ciclo, di una carriera, e si ritira in silenzio in una vita dove si abbandona una dimensione pubblica e si entra, o si rientra, in una privata, coltivando i propri interessi e facendo ciò che si ama fare.

Penso, che ne so?, a cantautori come Ivano Fossati, Francesco Guccini e tanti altri, anche in ambiti diversi da quello musicale, persone che a un certo momento hanno sentito che era arrivata l'ora di chiudere la loro carriera e si sono ritirati a vita privata, spesso addirittura con la preghiera di non essere più cercati.

Provo un misto di pietà e tenerezza per chi, invece, proprio come Fogli, lancia l'implorazione di non essere dimenticato attraverso lo svilimento mediatico di se stesso. Ma, come ho già detto, ognuno è in fondo libero di vivere il proprio crepuscolo come meglio crede.

mercoledì 6 marzo 2019

Visibilità che manca

L'uscita odierna di Salvini sui vaccini non ha alcun fondamento, come del resto non ne ha ogni sua esternazione. Come si spiega? Semplice: con la mancanza da qualche tempo di sbarchi o di emergenze sul fronte migratorio da cavalcare. Salvini esiste perché esiste una emergenza immigrazione (emergenza sapientemente costruita e cavalcata da lui), e se gli si toglie il suo giocattolino, ecco che viene fuori tutta la sua nullità e inconsistenza.

Siccome è difficile mantenere il consenso in assenza di occasioni che permettano di mostrare i muscoli, ecco che l'uomo delle felpe dà una bella lisciata al popolo novax, da sempre un ottimo serbatoio di consenso.

Tutto qua.

Undici figli

Se la signora che a trentotto anni ha già messo al mondo undici figli, a quanto si legge senza alcuna intenzione di fermarsi qui, è contenta della sua scelta, non vedo dove sia il problema. D'altra parte, quella di non fare uso di profilattici e di accogliere ogni vita come un dono è una scelta concordata liberamente col marito.

Un unico appunto. Non è vero, come afferma la prolifica signora a giustificazione della sua scelta, che viviamo in "un mondo che fa sempre meno bambini", ma semmai in un paese che fa sempre meno bambini, che è un pelino diverso. Come forse la signora ignora o dimentica, a livello mondiale siamo quasi al collasso. Eravamo (vado a memoria) cinquecento milioni nel millecinquecento, due miliardi nel millenovecento, siamo sette miliardi oggi e calcoli prudenti prevedono che saremo dieci miliardi nel duemilacinquanta. Se si rappresenta graficamente questa progressione si ha una idea piuttosto chiara del gigantesco problema che dovremo affrontare nei prossimi due o tre decenni.

Se la signora è tanto contenta di essere tornata a un passato patriarcale dove la funzione della donna era esclusivamente quella di stare in casa a sfornare figli, almeno non mi caschi sulle motivazioni.

martedì 5 marzo 2019

Stop con gli anonimi

Ho tolto la possibilità di commentare in maniera anonima, non per motivi particolari ma perché io non posso passare le giornate a cancellare i commenti spam che arrivano e relative notifiche via mail. Io non so se succeda anche ad altri blogger, ma a me capitano anche giornate in cui mi arrivano più di cinquanta commenti spam, che ovviamente devo eliminare e filtrare da quei pochi buoni.

In compenso ho tolto (per ora) la moderazione. Se in futuro la piaga dello spam si attenuerà, magari ripristinerò gli anonimi. Mi spiace perché alcuni dei rari commenti buoni che arrivavano erano anonimi, anche se firmati nel corpo del commento. Comunque sia, un account Google oggi ce l'hanno anche i marziani. Coraggio.

Salti nel buio?

Si può abbandonare un lavoro stabile e sicuro da ingegnere elettronico, prima, e informatico, dopo, per diventare scrittore di monologhi? È da pazzi, oggi, ma qualcuno l'ha fatto.

lunedì 4 marzo 2019

Zingaretti

Non so se l'eventuale trasformazione del PD da renziano a zingarettiano sarà sufficiente a convincermi a tornare a votarlo. C'è qualche possibilità che ciò accada, a patto, innanzitutto, che Renzi venga definitivamente accantonato e messo in condizioni di non nuocere più. Poi, naturalmente, vorrò valutare la linea politica della nuova versione del partito, augurandomi che la barra di navigazione, per quanto riguarda politiche sociali, economiche ed etiche, torni a orientarsi verso sinistra e abbandoni la destra sotto cui ha navigato sotto Letta/Renzi/Gentiloni.

Detto questo, mi ha fatto ovviamente piacere che l'affluenza alle primarie sia stata elevata, così come mi è piaciuta la manifestazione milanese di sabato contro il razzismo. Sono tutti segnali che stanno a indicare, penso, che oltre la destra a perdita d'occhio che ammorba questo paese, ci sia, magari in stand-by, sottotraccia, una parte opposta che non si rassegna a ciò che sta succedendo e vuole tornare a farsi sentire. L'ampia concessione di credito data a Zingaretti credo vada letta in questa chiave.

Oh, Zingaretti, ci siamo capiti, eh!

sabato 2 marzo 2019

Soldi dal Cremlino

Ne è passata di acqua sotto i ponti, ma in fondo neppure tanta, da quando il Cremlino finanziava lautamente il PCI e L'Unità, grosso modo dal 1960 ai primi '80, ai finanziamenti alla Lega di Salvini di oggi. Certo, sono cambiate molte cose in cinquant'anni: il PCI è morto è sepolto, l'URSS pure, crollata su se stessa dopo essere stata uccisa dalla perestrojka di Gorbaciov e sostituita dal cosiddetto turbocapitalismo. Ma alla mammella del Cremlino ci si attacca sempre con piacere.

venerdì 1 marzo 2019

Sbarchi e rimpatri (e armi di distrazione di massa)

Nonostante nessuno ne parli, perché non bisogna disturbare la propaganda governativa dell'azzeramento degli arrivi e dello stop all'invasione (inesistente), nei mesi di gennaio e febbraio 2019 sono sbarcati sulle nostre coste 262 migranti (dati ministero dell'Interno), che sono una minima percentuale rispetto agli stessi periodi degli anni precedenti, ma che dimostrano comunque che gli sbarchi continuano e che non c'è alcun azzeramento degli arrivi.

Cosa succede, invece, sul fronte dei rimpatri? Dati precisi non se ne trovano. Gli ultimi disponibili, relativi al 2018 fino al mese di settembre (fonte: Sole24Ore), quantificano in 1296 il numero di persone fatte ritornare ai paesi di origine, un numero perfino minore di quelli che riuscì a rimpatriare Minniti nello stesso periodo dell'anno precedente.

A questo ritmo, per rimpatriare tutti e settecentomila gli irregolari presenti sul nostro territorio ci vorrebbero più di ottant'anni e quindi, come armi di distrazione di massa per distogliere l'attenzione dal flop si sbandiera la legittima difesa fai da te e, ultima arrivata, la riapertura delle case chiuse, che Salvini per primo sa che è e sarà sempre una proposta irrealizzabile.

Nel frattempo, mentre il Capitano continua allegramente a prendere per i fondelli i poveri di spirito, noi ci sentiamo tutti più sicuri, ovviamente.

Quando scrivere?

Dice Guccini che le sue canzoni sono sempre nate per caso e l'ispirazione che ne ha generato la creazione nasceva da qualsiasi cosa e in qualsiasi momento: una frase letta in un libro, un fatto accaduto, una chiacchierata con un conoscente, una situazione in cui si è venuto a trovare. Ogni sua canzone è sempre stata la risposta a uno stimolo di dire qualcosa perché da quel qualcosa è stato colpito o sollecitato, non ha mai scritto canzoni su commissione o come obbligo contrattuale: se venivano, bene, altrimenti, niente. E infatti, tra un suo album e il successivo (o precedente) si trovano intervalli temporali spesso anche di anni.

Questa cosa di scrivere solo quando si ha l'ispirazione o la necessità (o voglia) di dire qualcosa, credo si possa applicare anche ai blog, pensavo stamattina mentre ascoltavo il maestrone su Youtube raccontare queste cose. Mi accorgo, ad esempio, che spesso tra un post e l'altro che vergo su queste pagine, trascorrono anche giorni, in alcuni periodi è passato anche un mese o più, mentre altre volte ne butto giù due o tre in un giorno. Non credo che questo modus operandi dipenda però dalla necessità di dire qualcosa quanto, almeno nel mio caso, dalla voglia di farlo.

A volte, ad esempio, può succedere che un certo fatto mi faccia incazzare ma non abbia voglia di scriverci su un post, e allora passo oltre; viceversa, può capitare che abbia voglia di scrivere qualcosa ma non abbia niente che mi stimoli a farlo, e allora magari mi butto su qualche racconto (nelle bozze del blog ne ho parecchi iniziati, la cui ignobiltà mi impedisce però di rendere pubblici, e poi sono appunto iniziati e lasciati lì, per cui...).

Tenere un blog per un certo numero di anni, poi, mette in rilievo l'evolversi degli interessi riguardo alle cose di cui si vuole scrivere. Tredici anni fa, quando ho aperto il mio, mi interessavo di informatica, in particolare dei primi sistemi GNU/Linux ai quali mi avvicinavo (e tribolavo) per emanciparmi dalle moltitudini di magagne che affliggevano i vari Windows, e quindi molti articoli riguardavano questo argomento. Poi ha cominciato a interessarmi maggiormente la politica, l'attualità, e di riflesso i post sono stati improntati a questi argomenti. Oggi, che la politica mi fa quasi schifo e l'attualità non offre spunti apprezzabili, mi limito per la maggior parte a brevi considerazioni passeggere sui libri che leggo o su cose che mi capitano, anche banali, come il giramento di cabasisi provocato dalla falciatrice del vicino di cui parlavo ieri.

Il fatto di non avere vincoli, di gestire un blog letto da poche decine di coraggiosi, di poter scrivere ciò che voglio, quando voglio, o al limite di non scrivere niente se non ho voglia di farlo, mi dà l'impressione, pur con le tutte le innegabili e macroscopiche differenze, di provare ciò che provava Guccini durante i suoi lunghi anni in cui ha sempre scritto ciò che gli pareva quando gli pareva. E tutto sommato è una bella sensazione.