venerdì 31 gennaio 2020

La montagna incantata


Ho terminato poco fa questo monumentale romanzo di Thomas Mann. L'ho inizato una decina di giorni fa non sapendo bene cosa aspettarmi. Non avevo letto recensioni preventivamente e avevo solo una vaga idea della trama, conosciuta leggendo la breve sinossi nel risvolto di copertina. Adesso che ho terminato la navigazione e sono tornato in porto, posso dire che sì, si è effettivamente trattato di una navigazione nel mare. Questo romanzo è infatti così: un mare. Non solo per la sua vastità, ma perché, proprio come succede in mare, spesso si ha la sensazione di navigare a vista, di andare alla deriva in questa sconfinata massa di pagine dopo aver perso la rotta e i riferimenti. Poi, però, ogni volta si ritrova tutto, perché Mann è bravissimo a riprendere il lettore per mano e a ricondurlo dove vuole lui. Difficile pensare che inizialmente il grande scrittore tedesco avesse concepito quest'opera come romanzo breve, da vergare su ispirazione ricevuta da una visita a un sanatorio per tubercolotici svizzero. Eppure è così.

È un romanzo difficile da riassumere, data la sua mole, e a volte ho come l'impressione che non si tratti neppure di un romanzo in senso stretto ma di un trattato di volta in volta di filosofia, di economia, di religione, d'amore. Le interazioni tra i vari personaggi, Hans Castorp il protagonista, il razionalista Settembrini, il gesuita nichilista Leo Naphta, il consigliere Behrens, solo per citare i principali, sono infatti funzionali a una spropositata teoria di speculazioni sulla vita, sulla morte, sul senso del trascorrere del tempo, sulla malattia e chi più ne ha più ne metta. Poi, certo, ci sono pagine descrittive quasi ipnotiche che incollano alle pagine, come ad esempio la bellissima descrizione della camminata solitaria sulla neve di Hans Castorp, dove il protagonista rischia la vita perché sorpreso da una bufera ad alta quota.

In un oceano di parole la prolissità è da mettere in conto, e le novanta pagine impiegate da Mann solo per descrivere il primo giorno di permanenza di Castorp nel sanatorio svizzero di Davos ne sono la prova più evidente. È un romanzo che consiglio? Non so, dipende da cosa si è abituati a leggere. Se si è abituati a un tipo di narrativa "leggera" e veloce, con una ben definita sequenza di inizio, svolgimento, epilogo, allora è meglio soprassedere; se invece si apprezza il "mare aperto", non sempre ben definito, dai confini incerti, condito di speculazioni filosofiche, allora ci si può tuffare.

8 commenti:

Sari ha detto...

Dopo aver scorso le tue righe sono quasi certa di non averlo letto questo Mann e nonostante quel che ne scrivi penso che non lo leggerò.. non per pigrizia perchè so affrontare altissimi tomi, ma per l'atmosfera che vi si respira e che ho trovato anche sfogliando il web. In questo momento non fa per me questo titolo ma lo terrò presente.
Ciao.

Andrea Sacchini ha detto...

Neppure a me spaventano gli altissimi tomi, anzi. Nel prossimo periodo ho addirittura in programma di buttarmi su Il conte di Montecristo, di Dumas.
Ciao.

Luz ha detto...

Ecco, io sono tipo da "mare aperto", quindi penso proprio che lo leggerò. :)

Andrea Sacchini ha detto...

Benissimo. Attenderò un tuo post con le impressioni. Buona lettura. :)

Marina ha detto...

Mi tufferò anch’io: da un po’ di tempo a questa parte mi sto affezionando ai mari aperti.

Andrea Sacchini ha detto...

Buona navigazione. :)

Jessica L. Smith ha detto...
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kelma ha detto...
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