sabato 16 novembre 2019

Le due di notte

La donna entrò nel bar alle due di notte. Trovare un bar aperto alle due di notte è strano? Sì, può sembrare strano se si tratta del bar di un piccolo paesino come quello, ma in fondo neanche tanto, oggi, dove tutto si confonde e si sovrappone. Chiuse la porta dopo essere entrata, buttò indietro il cappuccio del giaccone e rimase un attimo lì, ferma, guardandosi intorno. Il locale, un piccolo bar con le luci basse che stava tutto dentro a una specie di stanzone, era deserto, eccetto che per un tizio seduto a un tavolino all'angolo, la testa appoggiata di lato sul braccio destro e nel sinistro un bicchiere con dentro un residuo di liquido dal colore scuro, che sicuramente non era Coca-Cola. Dormiva così, in quella posizione. Dietro il bancone stava un uomo corpulento con una lercia parannanza legata in vita e un paio di baffi a ricciolo che sicuramente erano il suo orgoglio. Asciugava dei bicchieri. La donna giudicò dovesse avere una cinquantina d'anni, forse più. Si avvicinò al bancone, vi appoggiò sopra la borsa e si sedette su uno degli sgabelli girevoli piazzati lì davanti.
"Capita raramente la visita di una signora a quest'ora" fece il barista dopo avere appoggiato un bicchiere appena asciugato. "Cosa posso servirle?"
"Un caffè forte e un pacco di Marlboro" rispose la donna.
"Sigarette non ne ho, mi spiace, non ne posso tenere. Le faccio il caffè."
"Sì che le hai, tutti i baristi le hanno, anche quelli che non le possono tenere. Di solito le nascondono sotto il bancone in qualche scomparto poco visibile." Il barista corpulento rimase un attimo interdetto.
"Sarà mica della Finanza, lei?" le chiese con aria sospettosa.
"Ma quale Finanza, su, sono solo una donna che è scesa poco fa dal treno e si è infilata nel primo bar aperto che ha trovato, dal momento che quello della stazione a quest'ora è chiuso." Il barista si arrese e andò in fondo al bancone, aprì uno sportello in basso e tirò fuori una stecca di Marlboro, la scartò e ne estrasse un pacchetto, poi tornò dalla donna e glielo porse. Lei ringraziò e lui cominciò a prepararle il caffè. Su una parete dello stanzone c'era un orologio a muro, segnava le due e un quarto.
"Cosa l'ha portata qui, in questo buco di paese, in piena notte?" le chiese il barista porgendole il caffè e avvicinandole il contenitore con le bustine dello zucchero. "Se non sono indiscreto, naturalmente."
"No, figurati, quale indiscreto? È la stessa domanda che mi rivolgono tutti quelli a cui mi presento la notte." Il barista non rispose e prese a rigirarsi i baffi con le dita, pensoso. Aveva davanti una donna che alle due di notte era entrata nel suo bar chiedendo un caffè e delle sigarette, apparentemente senza alcun altro scopo. Perché? Fece mentalmente qualche congettura. Forse era una donna che scappava da qualcosa, o da qualcuno. Forse era pazza. E se fosse stata un'assassina con l'hobby di uccidere i baristi di notte? No, impossibile, le cronache ne avrebbero parlato, e poi non aveva l'aspetto di un'assassina, ammesso che gli assassini avessero un aspetto peculiare. 
"Non serve che tu ti sprema più di tanto le meningi" disse la donna interrompendo i pensieri del barista. "Sono semplicemente una che ama vivere di notte, perché la notte mi aiuta ancora a vivere felice. Quando non vado in giro e rimango a casa, non appena scende la notte e il cielo dorme apro le finestre e comincio a contemplarla. Ne annuso l'odore, ne sento il sapore, ne ascolto i suoni, quei suoni che non essendo inquinati dal frastuono caotico del giorno, arrivano in tutta la loro limpidezza e purezza, ed è facile coglierli e apprezzarli una volta che si è imparato a farlo." Ho capito, questa è pazza, pensò il barista ricominciando ad asciugare i bicchieri già asciutti e sperando che quella strana donna, vedendolo indaffarato, smettesse di delirare e magari se ne andasse. Ma lei proseguì.
"Ognuno vive la notte a modo suo. La maggior parte delle persone dormendo, il tizio al tavolo laggiù ubriacandosi, tu lavorando. Pochi riescono a cogliere ciò che si nasconde realmente al suo interno, ma quei pochi, una volta che l'hanno colto, ne escono cambiati, è come se vivessero più forte, non so come dire." Il barista annuì con condiscendenza ma senza alcuna convinzione, continuando ad asciugare i bicchieri asciutti. "Quanto ti devo per le sigarette e il caffè?" chiese poi la donna, prendendo la sua borsa. Il barista, visibilmente sollevato, fece il conto; lei pagò il dovuto, poi si alzò e si avviò verso la porta, lo salutò e uscì, facendosi inghiottire dalla notte, quella notte da cui poco prima era comparsa come per incanto. Lui ristette, e a un certo punto gli venne il dubbio di essersi sognato tutto quanto. Forse quella donna non era mai stata lì, se l'era semplicemente immaginata. 
"Giovanni svegliati! Devo chiudere" disse rivolto al tipo ubriaco che dormiva sul tavolino all'angolo. Giovanni si svegliò di soprassalto, frastornato. Cercò di capire dove fosse, poi tornò alla realtà e un accenno di delusione comparve sul suo volto. Si alzò lentamente e barcollando un po' si avviò verso l'uscita, tentando di salutare il barista con un semplice cenno di una mano, il massimo che era in grado di fare in quelle condizioni. Quest'ultimo, uscito Giovanni, chiuse la due finestre dello stanzone, spense le luci e si avviò a sua volta verso la porta. Uscì, abbassò la saracinesca e chiuse il lucchetto. Poi si rialzò in piedi, si guardò attorno. Si era alzato un po' di vento e sotto il lampione all'angolo si vedeva danzare qualche foglia. Lì, in piedi, osservò per un attimo quella strana danza, annusò l'aria, si mise in ascolto di... chissà che cosa. Poi si avviò verso casa, inghiottito anche lui dalla notte.

2 commenti:

sinforosa c ha detto...

È un bellissimo racconto, un capitolo di un romanzo coinvolgente, complimenti. Buona domenica.
sinforosa

Andrea Sacchini ha detto...

Grazie. In passato mi è capitato spesso di scrivere racconti (li ho raccolti qui), e ogni tanto mi cimento ancora. Senza nessuna pretesa, ovviamente, lo trovo solo un buon modo per passare il tempo.
Buona domenica anche a te :)

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