lunedì 8 luglio 2019

Newton e i pitali

Sto letteralmente divorando Newton e la rivoluzione scientifica, un bellissimo saggio di Paolo Rossi, il quale non ha niente a che fare col noto calciatore dei mondiali del 1982, come mi ha chiesto uno dei miei contatti su Whatsapp (Cristo, più in là del pallone in Italia non riusciamo proprio ad andare).

Due cose, tra le tante, mi hanno colpito. La prima è che Newton nacque da una famiglia poverissima e fu ammesso al Trinity college di Cambridge, nel 1661, con lo stato di subsizar, categoria che allora indicava chi riceveva agevolazioni economiche in cambio di servizi offerti ai compagni. Nello specifico, i servizi che il padre della gravitazione universale offriva erano la pulizia delle scarpe dei colleghi e lo svuotamento dei pitali al mattino. Che poi, pensandoci, non so perché il fatto che Newton provenisse da una famiglia povera mi stupisca, dal momento che la maggior parte degli uomini che hanno lasciato il loro segno nella storia del mondo venivano da contesti di povertà.

Il secondo motivo di sorpresa deriva dal fatto che oggi Newton è considerato un grande scienziato, giustamente, ma all'epoca, scrive Paolo Rossi (il filosofo, non il calciatore), gli scienziati non esistevano e quindi non poteva essere definito tale. Il termine scienziato, infatti, fu coniato in Francia nella prima metà dell'Ottocento. Nel Seicento, invece, quelli che oggi chiamiamo scienziati venivano definiti "filosofi naturali", ossia dei pensatori che si occupavano della natura. Quella distinzione, oggi nettissima, tra filosofia e scienza era ancora molto al di là da venire.

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