lunedì 26 ottobre 2009

Il governo? "Siamo una famiglia..."

Che nell'attuale maggioranza ci sia da tempo qualche problemino per quel che riguarda la pacifica convivenza, probabilmente solo chi vive in Polinesia non se n'è ancora accorto. Le patate bollenti attualmente sul tappeto, infatti, sono almeno due: la questione Tremonti-Berlusconi e la questione Veneto alle prossime regionali. Che Berlusconi e Tremonti siano da tempo ai ferri corti non è un mistero, e la rottura definitiva si è avuta dopo che lo stesso premier ha annunciato in pompa magna alcuni giorni fa di voler togliere (progressivamente) l'Irap. Annuncio che, come era prevedibile, ha fatto stappare le bottiglie alla Marcegalia e alla confindustria tutta.

L'Irap, brevemente, è una tassa sulle attività produttive introdotta nel 1997 che accorpa e sostituisce in un unico versamento sette tipi di imposte diverse precedentemente esistenti. La pagano imprenditori, commercianti e artigiani e vale circa - secondo il Sole24ore - 30 miliardi di euro l'anno. Cioè, se venisse tolta questa tassa, l'aggravio a carico dello stato sarebbe appunto di questo valore. Qui nascono i problemi e i "dissapori" con Tremonti, il quale è sempre stato molto cauto sulla questione Irap in quanto perfettamente consapevole che non esiste allo stato attuale nessun tipo di copertura che consenta di abolire, seppur in maniera graduale, questa tassa.

E, d'altra parte, se si esclude il solito eclatante annuncio, Berlusconi stesso non è che sia stato molto preciso su come intende coprire o recuperare l'eventuale mancato introito dell'Irap. Insomma, pare di vedere che siamo alle solite. Siamo ai livelli degli annunci roboanti su nucleare, ponte sullo stretto e via di seguito: tutto fumo e niente arrosto. Tremonti, che nonostante tutto è persona un pochino più seria e responsabile del suo diretto superiore, non ha ovviamente preso bene questo annuncio. Da qui lo scontro e le voci su eventuali sue dimissioni dal governo. Scontro che ha avuto il suo apice mentre Berlusconi si trovava a San Pietroburgo in visita privata all'amico Putin, quello che gli ha regalato il famoso lettone a palazzo Grazioli. Si racconta infatti di una linea telefonica molto calda Roma-Russia, con i due contentendi da una parte e da quell'altra di questa linea e con la promessa di chiarimenti definitivi al rientro del presdelcons dopo la tre giorni da Putin. Rientro ritardato, poi, ufficialmente per motivi di maltempo, dicono quelli dell'entourage di Berlusconi. Si parlava addirittura di nevicate, tempeste di vento, bufere. Salvo poi accorgersi, grazie ai lettori del Corriere, che la bufera era una balla, e che se c'era, casomai era di altro tipo. Insomma si trattava di una nevicata ad personam.

Comunque sia, alla fine questo bendetto chiarimento c'è stato, anche se più che di chiarimento pare si sia trattato di una sorta di tregua armata, e tutt'altro che tranquilla. Quello infatti che ha mandato su tutte le furie Berlusconi, è stato il fatto che Tremonti si sia presentato ad Arcore, all'incontro chiarificatore, "scortato" da Calderoli e Bossi nella veste di angeli protettori, quando invece il buon Silvio aveva messo in conto un a tu per tu.

E’ la prima volta (forse l’ultima) che un «suo» ministro gli oppone resistenza facendo leva su Bossi. Tanto da farsene riassorbire e da diventare, ai suoi occhi, il quarto ministro del Carroccio. Nella mente irata del Cavaliere, Tremonti sta commettendo lo stesso peccato di superbia dell’Arcangelo che osò sfidare il Padreterno: il ministro dell’Economia si rivolta al presidente del Consiglio fino a rivendicare per sé un ruolo di contrappeso. Per la precisione da vice-presidente del Consiglio, se si dà retta al tam-tam che vuole Fini e l'intera nomenklatura Pdl fuori dei gangheri per questa richiesta in grado di rovesciare tutte le gerarchie celesti, che sarebbe stata avanzata (ma Tremonti nega) nel bel mezzo del pranzo. Berlusconi pare si sia ben guardato dal rispondere sì o no, limitandosi a prendere tempo e a compiere alcuni sondaggi dentro il partito, dall’esito scontatissimo: non c’è un solo gerarca favorevole alla promozione di Tremonti.
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Nel vertice, il ministro dell’Economia è stato categorico: «Non esiste una strada diversa da quella che io sostengo», il rigore in chiave europea di cui si fa paladino «è senza alternative», dunque vietato insistere su tagli dell’Irap.
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Sarà il Tesoro a decidere il come e il quando. "Non ce lo possiamo permettere, mancano i soldi". (fonte)

Alla fine, appunto, è tregua armata. E fragile. Tremonti è per la linea del rigore, quella che guarda i numeri e le possibilità concrete di poter fare certe cose, e non quella degli annunci impossibili. La presunta riconciliazione - termine piuttosto ottimista - ha avuto il sigillo di Bossi, il quale ha affermato che "Finché sono vivo io non ci saranno problemi con Tremonti". Si racconta di qualcuno che, sotto la tovaglia, non ha esitato a mettersi le mani in certe zone. La politica è anche questo.

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